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«Innanzi alla bara del valoroso capitano Palli il poeta-soldato ha pronunciato il seguente discorso: “Per parlare davanti al suo feretro, devo invocare la sua forza. Io qui non saluto se non il combattente per me e per quanti hanno combattuto con lui e senza di lui nel cielo ov'egli è sempre in piedi; non voglio salutare se non il guerriero inflessibile e irreprensibile, ancor più duro contro sè stesso che contro l'avversario. Se mi rivolgessi verso l'imagine del mio piccolo fratello diletto, se mi ricordassi di lui come della più gentile creatura che si sia mai accostata al mio cuore triste, non potrei se non tacere e piangere in ginocchio. “L'altro ieri per aspettarlo — perchè egli è uno di quelli che il nostro dolore aspetterà sempre come s'aspetta il ritorno della primavera e il risorgere della costellazione fausta — l'altro ieri per aspettarlo andai alla sua casa, laggiù, in prossimità del suo campo veneto, guardata dal suo soldato piangente e da un alberello fiorito nella notte del suo trapasso. Rientrai nella sua povera stanza e stetti al suo capezzale. Non v'era se non il suo lettuccio di ferro con un solo materasso scarno e con una coperta di lana rozza; non v'era se non qualche tavola di legno grezza: tra quattro pareti bianche nulla di superfluo, non tappeto, non stuoia sui mattoni logori e umidi; una cella monacale a cui non mancava se non il cilicio e il crocifisso, come quella che era abitata da chi non aveva il suo Dio davanti agli occhi, ma dentro agli occhi suoi puri: una povertà volontaria, un rigore volontario, una disciplina di eroe continuamente pronto a cui fu vera dimora l'altezza e vera soglia il filo del rischio, e vero fuoco il suo contenuto ardore.
[…] Bisognava inginocchiarsi e bagnare di pianto la lana, e ricever da lui il bene misterioso. Ma accanto al capezzale vidi, tra pochi libri severi, aperto un quaderno che aveva per titolo: L'apparizione di Beatrice, un commento di quel canto del Purgatorio, ove, si riaccende e si angelica la vampa nella Vita Nova. E v'era segnato il verso Non pianger anco, non piangere ancora! […]»
La stampa sportiva e l’illustrazione d’Italia, 18(14), 6 aprile 1919. http://www.byterfly.eu/islandora/object/libria%3A52041#page/8/mode/2up
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